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Women Fashion Power | Design Museum

MODA | DONNE e POTERE. Women Fashion Power | Not a Multiple Choice

pubblicato su Enquire.it Issue / Leggi per interno “Woman“.

Nel corso dei secoli la moda ha sempre sedotto le donne, trasformandole in mannequin viventi e conferendo loro la forma, l’essenza e l’immagine desiderata fino a stravolgerla e deformarla oltre i limiti imposti dal corpo. La moda, simbolo di distinzione tra generi sessuali sin dall’espulsione di Adamo ed Eva dal giardino dell’Eden, è stata adoperata anche per simboleggiare benessere, status sociale, potere e autorità.

Quando la donna adotta la moda come uno strumento utile a ridefinire il proprio valore, attribuendole un nuovo significato, la trasforma in un allegorico manifesto d’indipendenza dal ruolo impostole dalla società.

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In un percorso complesso da monocromo a colorato, da rivelatore e occultatore, da ostentato a semplice, il Design Museum di Londra ricostruisce i momenti più significativi di questa evoluzione socio-culturale, dedicando al potere stilistico delle donne una mostra celebrativa omonima (ndr. Women Fashion Power) disegnata dall’archistar Zaha Hadid e aperta fino al 26 Aprile 2015.

Attraverso interviste esclusive e capi storici, la mostra traccia l’importante traguardo raggiunto dalle donne. Sono molte, infatti, le figure storiche che hanno imposto il proprio gusto rivoluzionario nella loro epoca.

Dal Medioevo in cui Giovanna d’Arco indossava un’uniforme militare che la trasformò in una leader di guerra, ad alcuni secoli più tardi, quando Elisabetta I d’Inghilterra adornò i suoi preziosi abiti con opulenti gioielli che le conferirono determinazione, forza e potere.  Fino a Maria Antonietta di Francia che impose una maggiore autonomia per le regine moderne con abiti pregiati, sfarzi e sprechi che fecero adirare il suo popolo.

Il cambiamento della visione globale agli inizi del ‘900, con l’avvento delle Suffragette e le due Guerre Mondiali cambiarono l’abbigliamento femminile per sempre. Abbandonate acconciature “à Pouf”, ingombranti Faux Cul e Corsetti in favore di maggiore libertà espressiva e di movimento, si affermò la visione liberale di Gabrielle Chanel che impose semplice eleganza fatta di linee elaborate al contempo sintetiche.

La guerra impose maggiore rigore interrompendo “brevemente” il flusso evolutivo dello stile; ma le dive di Hollywood non rinunciarono mai alla loro suntuosa eleganza e provocante sensualità.  Così si approda al Rock-a-billy, alle gonne a ruota, ai pantaloni Capri e all’eleganza incontrastata della Dolce VitaJackie Kennedy diventa un iconografico riferimento mentre Mary Quant e Twiggy impazzano in minigonna nella rivoluzione floreale intonando i successi dei Beatles e fumando erba proiettate già nell’ universo futuristico di Paco Rabanne.

Se Yves Saint Laurent gioca con i ruoli e trasforma la donna in un androgino uomo elegante facendole indossare “le Smoking”, Vivienne Westwood fa propaganda rivoluzionaria con abiti inneggianti al Punk e all’anarchia. E mentre la guerra in Vietnam e la rivoluzione sessuale spingono il mondo al massimo, Diane Von Furstenberg rivela come sia facile avvolgersi in un Wrap-Dress ed essere sexy e potenti.  Solo qualche anno più tardi, Jane Fonda insegnerà alle casalinghe d’America come fare aerobica comodamente “svestite” nel salotto di casa.

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L’esposizione arriva fino ai giorni nostri. La Principessa Diana sfila con sommessa eleganza nei salotti di tutto il mondo negli anni ‘90, Michelle Obama fa shopping da J.Crew e Angela Merkel adotta un tailleur giacca-pantaloni per governare la Germania.

Donne e moda messe a confronto per evidenziare quanto sia stato essenziale spogliarsi – auspicabilmente solo in senso figurativo – dell’abbondanza dello stile per cercare la semplicità, che come diceva Diana Vreeland alle sue lettrici di Vogue “è importante non solo al tempo della sua scoperta, ma anche per gli anni a venire”.

Un excursus in 150 anni di stile che ci spinge a una riflessione obbligatoria sulla nostra società, dove la donna è ancora vista in modo alterato dal mondo, per poter osservare così più attentamente il percorso intrapreso dal Fashion System al fine di liberare l’identità della sua più fidata musa, da un lato, e, dall’altro, renderla vittima di stereotipi che forse troppo – ancora oggi – minano le sue certezze.

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